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“IL MAESTRO FASULLO”: STORIA DI UN DOCENTE SENZA TITOLO L'Avvocato risponde 

“IL MAESTRO FASULLO”: STORIA DI UN DOCENTE SENZA TITOLO

Edmondo De Amicis ha fatto piangere generazioni di lettori con il suo Libro Cuore, in cui si narra anche la storia della “maestrina dalla penna rossa”, personaggio ricco di contenuti e di coinvolgimenti emotivi.
Il nostro giornale, figlio dei tempi moderni, in maniera meno artistica ma più legata alle notizie di cronaca, ha fatto cenno, di recente, all’indagine avviata nei confronti di un nostro “fantasioso” concittadino che, forse allo scopo di calcare le orme della sua “collega deamicisiana”, ha avviato una brillante carriera di insegnamento nelle scuole elementari, (operando nelle brume cremonesi del nord Italia): salvo il dettaglio di non avere i titoli per poter svolgere tale attività.

Insieme all’avvocato Simone Labonia, osserviamo come sempre i risvolti legali legati ai fatti di cronaca e le normative specifiche che ne regolano le conseguenze.

Il primo illecito che si riscontra in questa “novella dei giorni nostri”, è quello riferito ad un “esercizio abusivo di professione”: per tale reato, l’art. 348 codice penale prevede che, “chiunque eserciti abusivamente una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con una multa da €10.000 ad €50.000”.
La Legge Lorenzin, del 13/01/2018, pone un’aggravante con aumento della pena pecuniaria fino ad €75.000, nei confronti di chi abbia determinato altri a commettere il reato.
La condanna comporta anche le pene accessorie della “pubblicazione della sentenza” e della “confisca di eventuali beni materiali”, serviti al compimento dell’illecita attività: la prescrizione prevista per tale delitto, prevede un termine di 6 anni (o di 7 anni e 6 mesi in presenza di atti interruttivi).

Il secondo illecito emergente dalla vicenda, è quello riferito alla “falsità materiale”.
L’art.482 codice penale, prevede detta fattispecie di reato, commesso da privato e non da pubblico ufficiale: in tal caso la normativa prescrive che, “chiunque, al fine di procurare a se stesso o ad altri un vantaggio, o arrecare altrui danno, forma in tutto o in parte una scrittura falsa o ne altera una vera, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni”.
Nel caso specifico, la Pubblica Amministrazione è stata indotta in errore dal deposito telematico di un titolo abilitante, risultato in seguito inesistente.

La terza contestazione riguarda la “truffa ai danni dello Stato”, regolamentata dall’art.640 c.p. che prevede la reclusione da 1 a 5 anni ed una multa da €300 ad euro 1500 per “chiunque, con raggiri o artifici o con la presentazione di documenti falsificati, riesca ad ottenere l’assunzione ad un incarico statale, relativo al Pubblico Impiego”.

Anche in questo caso sono previste aggravanti quando il reato, commesso ai danni dello Stato, crei ripercussioni di pericolo nei confronti di soggetti particolarmente deboli: quali possono essere gli anziani o i bambini.

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